lunedì 14 maggio 2012

Milano

Ne ho parlato con i miei, ne ho parlato con mia sorella, ne ho parlato con molti; perché Milano, forse, è una delle mie più grandi passioni.
Milano è una città complessa, è un'amante capricciosa, che ti chiama e ti ama solo quando lo decide lei, che ti disprezza, ma della quale una volta che la conosci non riesci a fare a meno.
Milano è la sequestratratrice nei confronti della quale nutri i sentimenti di affetto tipici della Sindrome di Stoccolma, ti rapisce, ti maltratta, la maledici ogni giorno e speri di poter scappare via da lei il prima possibile, anche se poi non vedi l'ora di tornarci.
Milano ti offre qualsiasi cosa, tuttavia così come ti offre le cose positive ti offre anche quelle negative.
Milano non cerca di indorarti la pillola, non è come il medico che ti cosparge i bordi della coppa di farmaco con il miele; perché Milano è fatta così, non ha bisogno di te, o la ami o la odi e spesso, anche se la odi, avrai comunque bisogno di lei.
Milano è una città a cui devi necessariamente venderti: non puoi vivere Milano, ma è lei che vive te, facendo leva sulla tua preoccupazione di non farcela, di non reggere, e che paradossalmente è proprio ciò che ti da la spinta ad andare avanti, a non arrenderti, a combattere una città molto più grande di te, pronta a schiacciarti e a soffocarti come fa con chiunque.
Io amo Milano, è una città che impari ad amare davvero con il tempo, scavando all'interno dei suoi piccoli segreti, dandole il tempo necessario e mandando giù alcuni rospi.
Io amo Milano perché amo osservare la gente e Milano di gente da osservare me ne dà davvero molta.
È una città ricca. Al di là dell'aspetto economico, Milano è una città ricca di vita, di storie che si intrecciano l'una all'altra.
Non mi vergogno a dire che mi piacerebbe in un futuro continuare a vivere qui, anche a costo di sacrificare parte di me stesso, perché Milano, purtroppo, è anche questo.

martedì 17 aprile 2012

Le stelle che ti aiutano a sognare.

Nihal, Dubhe e Adhara sono i nomi di tre stelle, ma sono anche i nomi di tre personaggi che mi hanno accompagnato lungo l'adolescenza e alle quali oggi, a 20 anni ormai suonati, ho detto definitivamente addio, con un po' di tristezza nel cuore.
Le letture di gioventù (come se ormai fossi un ultrasessantenne che sa bene come gira il mondo) credo che saranno quelle che più mi accompagneranno lungo la vita, poiché sono quelle attraverso le quali ho formato il mio carattere, i miei interessi e le mie fantasie.
Il ciclo di storie del Mondo Emerso per me si è chiuso oggi, nella maniera migliore forse, senza ansia, senza fretta (cosa che invece non è successa ad esempio con l'ultimo libro di Harry Potter), godendomi con assoluta serenità le ultime parole di una autrice (Licia Troisi) che nella sua semplicità ha sempre soddisfatto i miei gusti di lettore in erba.
Ho sempre considerato le saghe del Mondo Emerso una lettura marginale, una lettura che per quanto mi piacesse era più una sorta di condimento o contorno, che accompagnava nei momenti liberi la lettura di altri romanzi. Tuttavia, con il senno di poi, mi rendo conto solamente ora del valore che hanno avuto questi libri per me, sia dal punto di vista della crescita, sia dal punto di vista affettivo. 
Arrivato a questo punto mi prendo la libertà di scrivere due righe su quello che è sicuramente stato il mio personaggio preferito, ovvero Dubhe: una protagonista, quindi la mia scelta risulta essere un po' banale, ma certamente meno banale risulta essere il personaggio a parer mio meglio riuscito all'interno dell'intero ciclo. Dubhe è una semplicissima umana, non l'ultima della sua razza, non una creatura quasi sovrannaturale, una semplicissima umana, con i suoi punti di forza, ma soprattutto con le sue debolezze. È questo sicuramente l'aspetto che più mi ha colpito della saga delle "Guerre del Mondo Emerso", una protagonista, all'interno di libro Fantasy, che è una comunissima umana, che è diventata quella che è solo grazie alle proprie capacità, non grazie a un intervento divino, non perché predestinata, non perché dotata di qualcosa che agli altri manca, ma una semplice umana che affronta la propria vita, in maniera sicuramente avventurosa, ma che risulta essere migliore degli altri solo grazie alle proprie forze. Dubhe è sicuramente il personaggio che ho sentito più vicino a me e che più mi è dispiaciuto abbandonare.
Questo papiro per dire una cosa (forse più a me stesso che a qualcun altro): forse negli ultimi tempi ho sbagliato a sottovalutare il genere fantasy e considerarlo un filone letterario di serie B, perché esattamente come un qualsiasi altro romanzo, un libro fantasy racconta una storia, poi che valga la pena leggerla oppure no, questo di certo non dipende dal suo genere.

Questo è il Karma.

Rajesh: "...Hai mandato a puttane il tuo Karma."
Sheldon: "Non crederai sul serio a quel tipo di superstizioni, vero?"
Rajesh: "Non è superstizione, praticamente è un concetto newtoniano: a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria."
(The Big Bang Theory)

Il Karma è un concetto filosofico sul quale mi è sempre piaciuto giocare, da profano e da persona che in fondo non ci crede neppure poi così tanto in queste cose, o alle quali non da poi così tanto peso.
Un'altra cosa sulla quale mi piace molto giocare è la burla, purtroppo non burle molto articolate, sarei troppo pigro per stare dietro a un qualcosa di troppo complesso, scherzi molto più semplici, che consistono la maggior parte delle volte nel far credere alla gente cose non vere allo scopo di divertirmi (Sì, sono un bugiardo patentato; anche se lo faccio per lo più per smuovere situazioni altrimenti noiose).
Evidentemente avevo un conto in sospeso con questa fantomatica manifestazione dell'equilibrio universale, oppure è semplicemente il luogo dove vivono i miei genitori che mi porta una sfiga nera.

Ero a casa dei miei genitori, dovevo tornare a Milano per il fine settimana in vista di un compleanno sabato e una serata al Borgo (ironia della sorte chiamato anche Karma) domenica. Avevo architettato per la mia amica che festeggiava il compleanno un piccolo scherzo: dire che non sarei riuscito a salire (inventandomi una scusa qualunque), per farle poi una sorpresa la sera in cui avrebbe festeggiato i suoi 22 anni e presentarmi alla sua festa.
Avevo preparato tutto, biglietto, valigia e borsa, tuttavia solamente una cosa mi poteva bloccare, una appendicite che si è manifestata in tutto il suo dolore il giorno prima di partire. Sono stato ricoverato in ospedale e solo ora, a distanza di una settimana, posso forse dire di aver scampato un'operazione chirurgica le cui conseguenze sarebbero durate forse più a lungo.

Morale della favola: continuerò a dirmi che il Karma in realtà non esiste, tuttavia, eviterò di giocarci così pesantemente assieme, a meno che non si stia parlando ovviamente del Karma di Milano.

venerdì 23 marzo 2012

Ciò che conta è il dopo festa.

Sarà capitato di andare a delle feste a casa di qualcuno, feste in cui ci si ripromette, in gruppo, di tirare avanti fino all'alba, se non addirittura oltre. Tutte queste promesse, la maggior parte delle volte non vengono mantenute, ma anzi, lentamente, senza nemmeno accorgertene inizi a vedere la gente andarsene a dormire, a cercare un cantuccio dove poter in qualche modo riposare.
Resti quindi tu, da solo, in una casa che dorme, con i residui di una festa, tracce sparse per la casa che raccontano di una notte che forse non è stata nemmeno così memorabile; resti tu, il silenzio, una sigaretta fumata magari al balcone guardando la notte che placida scivola davanti a te e un'atmosfera quasi irreale, indefinibile, ma comunque speciale, di cui tu sei l'unico padrone, anche se forse, qualche volta, trovi qualcuno come te, ancora sveglio, con cui puoi condividere la tua storia.
Ora è notte, c'è silenzio fuori (fatta eccezione per la ventola del pc), ma c'è silenzio soprattutto dentro un mondo che solitamente durante il giorno urla, strepita, diventa quasi assordante.
Mi aggiro pigro per i Social Network e vari siti che frequento di solito ma l'unica cosa che riesco a trovare di interessante è quella stessa situazione, che mi permette di aggirarmi tra profili e siti senza l'ansia e la fretta che magari, in maniera del tutto inconsapevole, ho durante il giorno.
Si ha quasi paura di perdere questo privilegio, nonostante si cerchi disperatamente qualcosa per occupare il tempo, quindi anche solo pubblicare un video in bacheca è un comportamento pari a quello di accendere all'improvviso la radio, rischiando di far svegliare la gente.
Osservo, spio, mi metto a curiosare, cerco ciò che altre volte il tempo non mi ha permesso di cercare.

Infine un saluto, che ti permette di chiudere tutto e andare a letto con un mezzo sorriso in volto:
"Un abbraccio, forte. Se hai paura di svegliare qualcuno a volte basta ricordarti degli abbracci."

venerdì 9 marzo 2012

If you... your childhood was awesome.

La mia infanzia non è stata incredibile, la mia infanzia non è stata la migliore, la mia infanzia è stata una normalissima infanzia. Così come non credo che l'infanzia dei miei fratelli (con cui mi passo praticamente un decennio) sia stata un tipo di infanzia migliore e/o irripetibile.
In giro per la rete la gente non fa altro che esaltare la propria infanzia e i propri miti di quando era bambino come i migliori, irripetibili, unici. Sinceramente mi stupisco davvero che questi individui si ricordi della propria infanzia, in quanto si comportano nell'esatta maniera in cui si comportava mio nonno quando ero piccolo e nella maniera in cui mio padre inizierà a comportarsi tra poco con mio nipote.
Estremizzando questo mio concetto si viene a creare una sorta di corto circuito: una generazione che cerca di demolire i principi dei propri padri (o comunque di ciò che è venuto prima di loro) va ad attaccare ciò a cui puntano forse di più, ovvero il cambiamento, che trova espressione negli individui più giovani. Sembra che le generazioni si siano assottigliate drasticamente, portando alla nascita continua di nuove generazioni, con scontri che avvengono tra persone che non hanno nemmeno 5 anni di differenza e che si comportano esattamente come dei vetusti cultori della verità.
Criticare i più giovani è un comportamento insito nella natura, probabilmente perché si reputano dotati di meno esperienza o magari perché non ancora abbastanza maturi da capire le cose. Tuttavia il paradosso di cui mi sono accorto è: perché ci lamentiamo del fatto che i "vecchi" non ci danno spazio, quando siamo noi stessi a non dare spazio ai "giovani"?

giovedì 8 marzo 2012

Prima settimana di corsi

Non mi credevo il tipo di blogger che parla della sua vita di ogni giorno sul blog, che prende uno spazio su internet per raccontare i fattacci propri. Tuttavia, in quinta superiore, non credevo nemmeno di essere il tipo di individuo che intraprende studi di psicologia... e invece.

I corsi in Bicocca sono iniziati da due settimane ormai, almeno per la maggior parte degli studenti. Noi della facoltà di psicologia però abbiamo un onore da cazzoni da difendere, infatti questa è stata la prima settimana per me.
Pochi corsi questo semestre, avendo già dato abbastanza, a quanto sembra, il semestre scorso, tra corsi in più e laboratori. Inizio questo semestre con due esami lasciati indietro: uno deliberatamente (con la speranza di recuperarlo durante la sessione estiva) e l'altro a causa di una serie di sfortunati eventi.
Come dicevo, pochi corsi, solamente 3, giusto per dare adito a quelle voci che dicono che io in realtà studi "fuffologia applicata al cazzeggio".
Psicolinguistica: credo che questo corso confermerà l'idea che ho iniziato a maturare già dal secondo semestre dello scorso anno, ovvero che io e la linguistica (soprattutto quella generativa) abbiamo veramente poco da spartire, nonostante la docente sia convinta di avere di fronte a sè una classe piena di aspiranti linguisti.
Psicologia della comunicazione: il docente mi ricorda mio padre, credo che studierò per una sorta di senso di dovere e rispetto traslato. Il corso non sembra male, si leggono articoli di giornale, veniamo invitati a vedere film (per essere specifici "The Artist" e "Hugo Cabret") e si parla di tante altre cose (detta così sembra davvero un corso di "fuffologia applicata al cazzeggio").
Psicologia dell'arte: questo è il corso che spero mi darà più soddisfazioni. Per ora abbiamo solamente fatto una full immersion di storia dell'arte contemporanea ( il che già mi esalta) per poter poi affrontare il corso pronti e informati su ciò di cui si parlerà. E' prevista la visita a un museo d'arte: il museo della bicocca, non è il MoMA, però a volte è necessario accontentarsi. Inoltre il docente, un tipo pacioso, tondeggiante e con un sorriso stampato in volto, ci da dei compiti a casa, delle domande a cui rispondere per poter avere un qualche vantaggio all'esame. Ci ha già fatto tre domande:
1) Cos'è l'arte per voi? (post in elaborazione)
2) Se fate arte, perché la fate? (non mi ritengo un artista, quindi inutile rispondere)
3) Fatemi l'esempio di qualcosa che cosiderate arte, ma che è oggettivamente brutto. (mi domando se qualcosa di Nicki Minaj valga come esempio.)

mercoledì 29 febbraio 2012

Storie di Ordinaria Follia

"Storie di Ordinaria Follia"
Erezioni Eiaculazioni Esibizioni
Charles Bukowski
1972

Ho comprato questo libro con diffidenza, con poche aspettative, visto il mio atteggiamento nei confronti di un autore che, purtroppo, una schiera di ragazzine esaltate mi ha portato a guardare con sospetto. Tuttavia, non volevo che pregiudizi, nati esclusivamente su un social network, rischiassero di precludermi la possibilità di scoprire un autore che magari avrei anche potuto apprezzare.
Purtroppo questo primo contatto con Bukowski non è stato dei migliori, non sono riuscito ad apprezzare la sua, a parer mio, eccessiva concretezza, alla quale forse non sono ancora pronto. Non sono nemmeno riuscito ad apprezzare (qui però la colpa è del traduttore probabilmente), espressioni palesemente dialettali, che trasformano, in alcuni frammenti, l'autore in un cafone romano uscito dal peggiore quartiere della periferia della capitale.
Sono tuttavia dell'idea (o almeno ho la speranza) che leggere un libro non sia MAI uno spreco di tempo e Bukowski in questa sua autobiografia a puntate mi ha comunque insegnato qualcosa o almeno dato lo spunto per un esperienza che ho intenzione di provare. (Questo ultimo pezzo sembra quasi voler dire: "Mi ha fatto schifo, ma siccome sarebbe brutto dirlo, metto una toppa per non passare da ragazzino snob che si arroga il diritto di poter stroncare un libro.")
Charles Bukowski è fondamentalmente un ubriacone, un giocatore d'azzardo e un vagabondo, uno che passa le giornate a girovagare per Los Angeles o per chissà quale città nella quale le sue gambe lo hanno portato. Siccome non intendo rovinarmi il fegato con l'alcol e non sono sufficientemente audace da giocare d'azzardo, ho deciso di dedicare una giornata al vagabondaggio. Partire una mattina, non stabilisco una data perché non credo che poi lo farei, e girovagare per Milano, senza meta, senza un obbiettivo, a piedi, e vedere dove le mie giovani gambe mi portano. A testimonianza di questo ci saranno delle foto, scorci di Milano che non ho mai visto e che colpiranno la mia attenzione.

domenica 12 febbraio 2012

I will always love you...

Almeno fino a che non morirà un altra "regina del pop".
E' morta Whitney Houston all'età di 48 anni, trovata incosciente in una camera d'albergo a Beverly Hills.
Non nego che la cosa mi dispiaccia, tuttavia non vuole essere questo l'argomento del post.
Non appena stanotte ho saputo della notizia, mi sono messo a spulciare in linea gli articoli riguardo la morte della cantante.
Nel mondo del giornalismo esiste un genere di articolo che si potrebbe definire precotto: un articolo che viene preparato in anticipo, chiamato coccodrillo (domandatevi il perché), che parla della morte di un personaggio noto.
Forse la morte di Whitney Houston è stata davvero inaspettata, io personalmente non è che me l'aspettassi, però dubito che molte redazioni non avessero l'articolo pronto già da quando venne fuori la questione della tossicodipendenza della cantante. Ci vuole poco a creare un articolo, da aggiornare una volta ogni tanto e correggere un'ultima volta non appena si ha la conferma che un qualcuno di noto sia davvero morto.
Ma nonostante tutto ciò, la cosa che più mi ha lasciato perplesso sono le tristissime scelte stilistiche dei giornalisti; quegli ovvi luoghi comuni che altro non fanno che creare una sorta di sensazionalismo a cui purtroppo la maggior parte della gente abbocca.
Definire ogni singola cantante "regina" del suo genere musicale è una cosa inutile, di regina ce n'è una e una sola, trovo stupido dare questo titolo a chiunque solo perché è il protagonista dell'articolo (Che si tratti di Whitney Houston, Madonna, o qualsiasi altra cantante che abbia venduto più di due copie di un suo album). Associare perennemente l'utilizzo di droga a una tristezza interiore (tristezza che in alcuni casi, come per Amy Winehouse, era a detta loro anche la sua più grande forza), non è solo una dimostrazione di banalità e incapacità nello scrivere qualcosa di davvero interessante, ma rischia anche di creare lo stereotipo che una persona si droghi solamente perché triste.
Questo non vuole essere un post contro Whitney Houston, voglio che questo sia ben chiaro, mi dispiace sì, ma la questione alla fin fine non è che mi tocchi particolarmente. Questo vuole invece essere una critica a una forma di giornalismo forse un po' sciatto e scontato; perché le tempistiche a cui è sottoposto chi scrive un coccodrillo (tempistiche veramente lunghe rispetto a quelle ordinarie nel mondo del giornalismo) dovrebbero permettere di creare un qualcosa di leggermente più interessante, non un qualcosa che serva a solo a far dispiacere la gente della morte di un personaggio a cui magari non pensava da settimane (e che ora osanna su facebook come la sua guida artistica e spirituale) e a cui non penserà più quando sarà una qualche altra "regina" a morire.

venerdì 10 febbraio 2012

Tiro un d20 su "scrivere un post interessante"

È da qualche settimana che volevo scrivere qualcosa a riguardo, per essere precisi dal 24 Gennaio, tuttavia non sono mai riuscito a creare qualcosa che mi convincesse. Stamattina mi sono svegliato presto, verso le 6, ho approfittato della cosa per concedermi il lusso di una lunga doccia calda (non perchè non mi faccia la doccia, ma perché ultimamente le devo fare molto in fretta) e frugando in un cassetto, alla ricerca di un paio di mutande mi è capitato tra le mani il mio vecchio set di dadi: 7 magnifici dadi color cobalto con delle sfumature più chiare e numeri dorati impressi su ogni faccia.
È un oggetto che mi rappresenta, non lo posso nascondere, mi rappresenta soprattutto in funzione di ciò che questi stessi dadi rappresentano, ovvero il mondo dei gdr.
Rigirandomi tra le mani questi piccoli ninnoli un senso di malinconia non può non pervadermi, essendo stato io stesso un assiduo frequentato di ambienti in cui il gioco di ruolo (soprattutto quello by chat) e il mondo fantasy in generale erano l'argomento di maggior interesse.
Non starò qui a dilungarmi su tutto ciò che ho fatto o che non ho fatto, questo post vuole solamente ricordare un personaggio a cui sono molto legato (il mio primo personaggio) e ciò che ha significato per me.
Ovviamente il mio primo personaggio si chiamava Glael ed ovviamente altro non era che un folletto, un folletto che si spacciava per druido (con risultati più o meno soddisfacenti). Glael, con il senno di poi, mi rappresentava molto più di quanto in realtà pensassi all'epoca, si stupiva per qualsiasi cosa nuova, era sempre alla ricerca di conferme da parte delle altre persone e di guide da poter seguire con fiducia, era permaloso, scontroso con chi minacciava di portargli via le persone a cui teneva. Pensandoci bene forse le cose non è che siano cambiate molto, l'unica differenza è che Glael era ingenuo, era puro, l'unica cosa che gli interessava era il gioco fine a sé stesso, senza fini, senza obbiettivi.
Muovere un personaggio come Glael mi ha aiutato molto, mi ha permesso di conoscere gente per la quale ancora oggi nutro un'altissima considerazione, sia come giocatori che come persone reali (oggigiorno sono quasi più reali le persone che conosci in rete piuttosto che quelle che conosci nella vita di tutti i giorni).
Non rinnego assolutamente il mio passato di giocatore di ruolo, anzi ne parlo tutt'ora con gioia e orgoglio.
Piccolissima parentesi invece per Shiv, il personaggio che forse sono riuscito a caratterizzare meglio, che più si è evoluto e mi ha dato più soddisfazioni. Anche lui mi ha permesso di conoscere gente che tutt'ora mi capita di sentire e con la quale mi confronto con piacere. A Shiv inoltre è collegato inevitabilmente un brano scoperto attraverso una giocatrice con cui ho avuto a che fare per poco tempo, ma che ha tirato fuori il mio lato più descrittivo ed emotivo, per quanto riguarda la descrizione di un personaggio e le sue vicende.



giovedì 9 febbraio 2012

Lemony Snicket sei un dilettante

Poco più di una settimana fa torno a casa, approfittando dell'assenza dei miei genitori diretti in Sicilia per una qualche manifestazione folcloristica invernale, facendo quindi ritorno nelle mie terre d'origine per passare qualche giorno in dolce compagnia di Dino (chiedo scusa a Mia Samsa se usufruisco del nome da lei utilizzato). Si prospetta una settimana di puro piacere, relax e spensieratezza (e tanto tanto...affetto); unico problema è la necessità di studiare per qualche esame imminente.
Ebbene, questa settimana da sogno non si rivela altro che una settima d'incubo, con problemi su problemi, disastri su disastri. In effetti avrei dovuto capirlo fin da subito che qualcosa non sarebbe andato per il verso giusto, visto che durante il viaggio di andata io e Dino rimaniamo bloccati a Bologna per circa 4 ore a causa della neve. Tuttavia arrivato finalmente a casa, mi preparo (da illuso) a passare quella settimana che mi sono immaginato. Così ovviamente non è stato, difatti già il giorno dopo, andato a fare la spesa per una cena tra amici vuoi che non mi trovo in mezzo a un tamponamento? Certo, se no la vacanza non sarebbe stata divertente. Da lì tutti i problemi del caso, organizzare il risarcimento, chiamare i miei che capire cosa fare e cosa non fare, mia madre che mi urla dietro e una cena da dover organizzare in meno di un'ora (contando che la maggior parte del tempo l'ho spesa fuori casa per colpa di quel maledetto tamponamento). La cena va bene, se non contiamo il fatto che sia io che Dino abbiamo vomitato come dei ragazzini alle prese con la loro prima sbronza. Il giorno dopo, ancora vittima dei postumi da sbronza mi capita un ulteriore problema, la casa diviene improvvisamente fredda non si sa bene per quale motivo. Chiamando i miei genitori si viene a scoprire che forse è finito il gas nel bombolone e che quindi sono cazzi miei fino a Lunedì, visto che il Venerdì pomeriggio (ovvero quando mi sono accorto che il gas era finito) non ti vengono a ricaricare il bombolone nemmeno se ti spacci per il nipote di Putin.  Ma non finisce qui, difatti, non volendo restare in una casa fredda io e Dino decidiamo di andare a dormire, almeno fino a Lunedì, nell'agriturismo di una mia amica, avvertendola per tempo, così da farci trovare l'appartamento caldo. Arrivati lì scopriamo che innanzitutto l'appartamento è freddo ma soprattutto non c'è acqua (quindi addio al sogno di farmi una doccia bollente). Si viene a scoprire quindi, indagando in giro per il suo agriturismo che gli appartamenti non si sono riscaldati perchè a causa del gelo le sono esplose le caldaie.
Si ritorna dunque a casa, sopravvivendo con mezzi di fortuna (forno a microonde e stufette elettriche) alla morsa del gelo che opprime la casa (arrivata a toccare i 10°C). Il lunedì Dino riparte, e io resto da solo, in una casa fredda (nonostante mi abbiano rifornito di gas) e un frigo pieno di cibarie lasciate da mia madre, sulle quali ovviamente mi fiondo per sopperire alla mancanza di affetto (non di affettato, visto che di quello ne ho a iosa). Tuttavia la settimana non si è conclusa e proprio stamattina l'ennesima scoperta, dovendo andare a far la spesa, avendo finito acqua e pane (tranquilli, mangio anche altro, quando ho voglia di cucinare), mi dirigo trotterellante verso la macchina, con le chiavi in una mano e la lista della spesa nell'altra. Non appena tento di accendere il motore la triste scoperta...la batteria si è completamente scaricata e mi trovo a dover affrontare una situazione in cui personalmente non ho la più pallida idea di come agire. Ora sto attendendo i soccorsi da parte di un amico e nel frattempo rifletto sul fatto che la vacanza non è ancora finita e non mi stupirei se a studio aperto aprissero la puntata con l'annuncio di una pioggia di meteoriti.

venerdì 20 gennaio 2012

Oh no, mi hanno bloccato Megavideo!

È ormai la questione all'ordine del giorno la chiusura di Megavideo/Megaupload ad opera dell'FBI, o almeno tra la popolazione del web, visto che le grandi testate giornalistiche sui loro siti dedicano alla questione meno dello spazio che dedicherebbero alle nuove tette siliconate di una delle ragazze di via Olgettina.
Tuttavia, argomento ben più controverso è l'azione dimostrativa da parte dell'organizzazione Anonymous nei confronti dei siti dell'Universal, della Warner music, della Casa Bianca, del Dipartimento di Giustizia americana, del FBI e numerose altre etichette musicali ed enti governativi.
C'è chi inizia a parlare di una vera e propria guerra digitale, di fronte a questo atto di portata mondiale e io, da semplice osservatore non posso fare altro che rimanere perplesso di fronte alla reazione di molti individui nel vedere un sito come quello di Megavideo/Megaupload chiuso.
L'attacco portato avanti da Anonymous, che molta gente non fa altro che osannare, non ha come obbiettivo riaprire il sito chiuso ieri sera, vuole sensibilizzare chiaramente la persone riguardo la questione del Stop Online Piracy Act, una proposta di legge che rischia di piegare il web al completo controllo di poteri forti e negargli la libertà che l'ha invece sempre caratterizzato.
Personalmente trovo piuttosto triste vedere commenti del tipo: "Questo vi meritate brutti stronzi per aver chiuso Megavideo!" Ho quasi l'impressione che la gente non si senta minacciata dal fatto che la rete possa essere controllata, bensì dalla possibilità di non poter più vedere i propri film/telefilm preferiti in streaming.
Sarei un ipocrita nel criticare la gente che guarda film attraverso piattaforme simili a Megavideo o scarichi musica utilizzando Megaupload. Quello che critico io è l'atteggiamento piuttosto becero di preoccuparsi prima di tutto di non poter usufruire più di questi servizi, e poi in caso, probabilmente solo quando il fenomeno diverrà tangibile, di vedersi portar via i propri diritti di cittadini del web.
Non intendo soffermarmi sull'esprimere giudizi riguardo la più o meno legittimità di utilizzare tali siti, quello che credo che molta gente non capisca invece è che il messaggio che Anonymous vuole lanciare è di svegliarci, capire cosa sta succedendo e agire di conseguenza, ormai è inutile lamentarsi della chiusura di un sito che difficilmente vedrà di nuovo la luce, sarebbe meglio preoccuparsi invece di quali saranno i prossimi siti a cadere (per motivazioni più o meno giuste).

martedì 10 gennaio 2012

Uno Smartphone e un'infanzia ambigua.

Per natale a mia mamma è arrivato un fantastico smartphone touch screen sbrilluccicoso e strafigo (in realtà si tratta di un semplicissimo Nokia, tra l'altro uguale e identico al mio).
Ogni volta che mia mamma riceve un cellulare nuovo, il che accade oramai circa 2 volte l'anno vista la sua naturale propensione a disintegrarli o affogarli nel water, se ne esce con la fatidica domanda: "Mi puoi mettere sopra una bella suoneria?". Nulla di male in tutto ciò, se non nel fatto che mia madre cerca in tutti i modi di fare la "CioFane" (leggasi giovane) chiedendomi quindi canzoni del calibro di "Something Stupid", non nella versione originale ovviamente, ma quella cantata da Robbie Williams e Nicole Kidman.
Tuttavia questa volta qualcosa è cambiato, difatti mia madre ha scoperto di poter inserire più canzoni all'interno del suo magnifico smartphone e quindi poter personalizzare ogni chiamata che riceve. Di conseguenza per le chiamate di mio padre ha scelto "Donna Con Te" di Anna Oxa, romantica, passionale, una vera donna del sud.
Destino più infausto forse per me, mio fratello e mia sorella (ma soprattutto per me) le cui canzoni sono state scelte in base alle rispettive infanzie. Mia sorella infatti si è beccata Stevie Wonder e la sua " I Just Called To Say I Love You" una romantica canzone che leggenda narra mia sorella cantasse da piccina dedicandola a un fantomatico Francesco (chiamato da lei "Agesco", fatevi le vostre considerazioni da soli e capite cosa volesse dire mia sorella con "Agesco"). Mio Fratello, nato alla fine degli anni '70, ha imparato a gattonare su tre zampe sulle note della sigla di Discoring "Che gatta". Che ironia alle volte la vita...
Destino infausto invece per me, che ovviamente mi son dovuto sorbire la canzone che ha accompagnato i miei sabato mattina da solo in casa con mia madre. Il sabato infatti era giorno di pulizia a casa e ogni sabato mi svegliavo sempre con le stesse due canzoni, o una o l'altra a seconda del lato della cassetta: "Mamma Mia" (la canzone prescelta come canzone più adatta a me) e "Dancing Queen". Ovviamente io ho scoperto cosa fosse la musica attraverso quelle canzoni, sono il primo ricordo musicale che mi porto dietro e sono una macchia indelebile nel mio animo.
Da tutto ciò traete le vostre conclusione, certo è che Mamma Mia qualche domanda se la dovrebbe porre.

domenica 8 gennaio 2012

Non sono fatto per essere padre

Tralasciando possibili battute piuttosto ovvie e tristi, in questi giorni a casa dei miei genitori e con mio nipote nei paraggi mi sono reso conto di questa cosa.
Pensandoci bene non sono una persona molto costante, mi sono reso infatti conto che essere genitore è un lavoro a tempo pieno, un lavoro che in realtà ti lascia pochissimo tempo libero e quel poco che ottieni gira comunque attorno al frugoletto a cui devi votare la tua vita fin dal primo momento in cui viene al mondo.
Mi vedo benissimo nel ruolo di Zio, mi piace l'idea di poter viziare mio nipote, di poterlo far divertire per un intero pomeriggio, facendogli mangiare tutto ciò che a casa non gli è permesso mangiare, portarlo fuori casa, in giro per parchi o qualsiasi altro posto voglia visitare ( liberando magari  i genitori della sua presenza). Tuttavia quest'attenzione deve essere limitata nel tempo, mi stufo in fretta io.
Purtroppo all'età di 20 non riesco ad immaginarmi un futuro con un possibile bambino che mi corre tra le gambe e che mi prega per prenderlo sulle spalle, mi piacerebbe, non lo nego, però è una cosa per la quale credo di non essere tagliato.
Forse il mio potrebbe essere considerato un sintomo di egoismo, probabilmente lo è, infatti sarei anche disposto a donare il mio...il mio... dolce nettare (anche se fa molto film porno di seconda categoria) e vedere cosa ne possa uscire fuori, purché questo non porti a degli obblighi nei confronti del pupo.
Diamine, non riesco a controllare la mia di vita, mi domando come potrei controllare la vita di un altro essere completamente dipendente, almeno per 20 anni, da me.
Questo è il pensiero di un ventenne, magari un giorno cambierò completamente idea, resta il fatto che ora come ora, in qualità di padre non mi ci vedo proprio.

sabato 7 gennaio 2012

A Milano sono rinato

È stato praticamente questo il mio mantra per l'intera serata di ieri.
Sono tornato a casa in fretta e furia, senza avvertire nessuno fondamentalmente, e alla stessa maniera ieri sera sono uscito, trovandomi di fronte una decina di ex compagni di liceo. Ovviamente non è che mi aspettassi chissà cosa dalla serata, tuttavia è andata meglio del previsto.
Sono gli incontri inaspettati quelli che più ti colpiscono, non è una novità, ed ovviamente, ieri ho incontrato Doc, dopo mesi che non lo vedevo e non lo sentivo.
Si è parlato, molto, davvero tanto, lui con la sua birra e io con il mio ormai immancabile Japanese Ice Tea. Lui ha parlato della sua ormai inquadrata vita di studente di medicina, raccontando di come lo studio sia entrato a far parte della sua vita (non come al liceo, quando studiavamo la mattina appena prima dell'interrogazione) e di cosa significhi per lui aver intrapreso un percorso del genere. Io dal canto mio, invece, ho come al solito fatto l'elusivo, ho raccontato dell'università ovviamente, di come stia facendo tanta psicologia e di come questa cosa mi lasci perplesso, ma soprattutto ho raccontato di come io sia cambiato nel corso di un anno e mezzo (Tuttavia senza specificare nulla, ovviamente).

Sono andato a Milano con l'intenzione di cambiare aria, poter vivere in una realtà diversa da quella di un paese, che tuttavia non mi risultava nemmeno così stretta, o almeno così pensavo.
Parlando con le persone rimaste incatenate a questi luoghi, a queste colline verdeggianti in primavera e dorate d'estate, ho capito di essere ormai diverso da loro, non so se migliore o peggiore (non voglio prendermi una tale responsabilità), tuttavia radicalmente diverso.