mercoledì 29 febbraio 2012

Storie di Ordinaria Follia

"Storie di Ordinaria Follia"
Erezioni Eiaculazioni Esibizioni
Charles Bukowski
1972

Ho comprato questo libro con diffidenza, con poche aspettative, visto il mio atteggiamento nei confronti di un autore che, purtroppo, una schiera di ragazzine esaltate mi ha portato a guardare con sospetto. Tuttavia, non volevo che pregiudizi, nati esclusivamente su un social network, rischiassero di precludermi la possibilità di scoprire un autore che magari avrei anche potuto apprezzare.
Purtroppo questo primo contatto con Bukowski non è stato dei migliori, non sono riuscito ad apprezzare la sua, a parer mio, eccessiva concretezza, alla quale forse non sono ancora pronto. Non sono nemmeno riuscito ad apprezzare (qui però la colpa è del traduttore probabilmente), espressioni palesemente dialettali, che trasformano, in alcuni frammenti, l'autore in un cafone romano uscito dal peggiore quartiere della periferia della capitale.
Sono tuttavia dell'idea (o almeno ho la speranza) che leggere un libro non sia MAI uno spreco di tempo e Bukowski in questa sua autobiografia a puntate mi ha comunque insegnato qualcosa o almeno dato lo spunto per un esperienza che ho intenzione di provare. (Questo ultimo pezzo sembra quasi voler dire: "Mi ha fatto schifo, ma siccome sarebbe brutto dirlo, metto una toppa per non passare da ragazzino snob che si arroga il diritto di poter stroncare un libro.")
Charles Bukowski è fondamentalmente un ubriacone, un giocatore d'azzardo e un vagabondo, uno che passa le giornate a girovagare per Los Angeles o per chissà quale città nella quale le sue gambe lo hanno portato. Siccome non intendo rovinarmi il fegato con l'alcol e non sono sufficientemente audace da giocare d'azzardo, ho deciso di dedicare una giornata al vagabondaggio. Partire una mattina, non stabilisco una data perché non credo che poi lo farei, e girovagare per Milano, senza meta, senza un obbiettivo, a piedi, e vedere dove le mie giovani gambe mi portano. A testimonianza di questo ci saranno delle foto, scorci di Milano che non ho mai visto e che colpiranno la mia attenzione.

domenica 12 febbraio 2012

I will always love you...

Almeno fino a che non morirà un altra "regina del pop".
E' morta Whitney Houston all'età di 48 anni, trovata incosciente in una camera d'albergo a Beverly Hills.
Non nego che la cosa mi dispiaccia, tuttavia non vuole essere questo l'argomento del post.
Non appena stanotte ho saputo della notizia, mi sono messo a spulciare in linea gli articoli riguardo la morte della cantante.
Nel mondo del giornalismo esiste un genere di articolo che si potrebbe definire precotto: un articolo che viene preparato in anticipo, chiamato coccodrillo (domandatevi il perché), che parla della morte di un personaggio noto.
Forse la morte di Whitney Houston è stata davvero inaspettata, io personalmente non è che me l'aspettassi, però dubito che molte redazioni non avessero l'articolo pronto già da quando venne fuori la questione della tossicodipendenza della cantante. Ci vuole poco a creare un articolo, da aggiornare una volta ogni tanto e correggere un'ultima volta non appena si ha la conferma che un qualcuno di noto sia davvero morto.
Ma nonostante tutto ciò, la cosa che più mi ha lasciato perplesso sono le tristissime scelte stilistiche dei giornalisti; quegli ovvi luoghi comuni che altro non fanno che creare una sorta di sensazionalismo a cui purtroppo la maggior parte della gente abbocca.
Definire ogni singola cantante "regina" del suo genere musicale è una cosa inutile, di regina ce n'è una e una sola, trovo stupido dare questo titolo a chiunque solo perché è il protagonista dell'articolo (Che si tratti di Whitney Houston, Madonna, o qualsiasi altra cantante che abbia venduto più di due copie di un suo album). Associare perennemente l'utilizzo di droga a una tristezza interiore (tristezza che in alcuni casi, come per Amy Winehouse, era a detta loro anche la sua più grande forza), non è solo una dimostrazione di banalità e incapacità nello scrivere qualcosa di davvero interessante, ma rischia anche di creare lo stereotipo che una persona si droghi solamente perché triste.
Questo non vuole essere un post contro Whitney Houston, voglio che questo sia ben chiaro, mi dispiace sì, ma la questione alla fin fine non è che mi tocchi particolarmente. Questo vuole invece essere una critica a una forma di giornalismo forse un po' sciatto e scontato; perché le tempistiche a cui è sottoposto chi scrive un coccodrillo (tempistiche veramente lunghe rispetto a quelle ordinarie nel mondo del giornalismo) dovrebbero permettere di creare un qualcosa di leggermente più interessante, non un qualcosa che serva a solo a far dispiacere la gente della morte di un personaggio a cui magari non pensava da settimane (e che ora osanna su facebook come la sua guida artistica e spirituale) e a cui non penserà più quando sarà una qualche altra "regina" a morire.

venerdì 10 febbraio 2012

Tiro un d20 su "scrivere un post interessante"

È da qualche settimana che volevo scrivere qualcosa a riguardo, per essere precisi dal 24 Gennaio, tuttavia non sono mai riuscito a creare qualcosa che mi convincesse. Stamattina mi sono svegliato presto, verso le 6, ho approfittato della cosa per concedermi il lusso di una lunga doccia calda (non perchè non mi faccia la doccia, ma perché ultimamente le devo fare molto in fretta) e frugando in un cassetto, alla ricerca di un paio di mutande mi è capitato tra le mani il mio vecchio set di dadi: 7 magnifici dadi color cobalto con delle sfumature più chiare e numeri dorati impressi su ogni faccia.
È un oggetto che mi rappresenta, non lo posso nascondere, mi rappresenta soprattutto in funzione di ciò che questi stessi dadi rappresentano, ovvero il mondo dei gdr.
Rigirandomi tra le mani questi piccoli ninnoli un senso di malinconia non può non pervadermi, essendo stato io stesso un assiduo frequentato di ambienti in cui il gioco di ruolo (soprattutto quello by chat) e il mondo fantasy in generale erano l'argomento di maggior interesse.
Non starò qui a dilungarmi su tutto ciò che ho fatto o che non ho fatto, questo post vuole solamente ricordare un personaggio a cui sono molto legato (il mio primo personaggio) e ciò che ha significato per me.
Ovviamente il mio primo personaggio si chiamava Glael ed ovviamente altro non era che un folletto, un folletto che si spacciava per druido (con risultati più o meno soddisfacenti). Glael, con il senno di poi, mi rappresentava molto più di quanto in realtà pensassi all'epoca, si stupiva per qualsiasi cosa nuova, era sempre alla ricerca di conferme da parte delle altre persone e di guide da poter seguire con fiducia, era permaloso, scontroso con chi minacciava di portargli via le persone a cui teneva. Pensandoci bene forse le cose non è che siano cambiate molto, l'unica differenza è che Glael era ingenuo, era puro, l'unica cosa che gli interessava era il gioco fine a sé stesso, senza fini, senza obbiettivi.
Muovere un personaggio come Glael mi ha aiutato molto, mi ha permesso di conoscere gente per la quale ancora oggi nutro un'altissima considerazione, sia come giocatori che come persone reali (oggigiorno sono quasi più reali le persone che conosci in rete piuttosto che quelle che conosci nella vita di tutti i giorni).
Non rinnego assolutamente il mio passato di giocatore di ruolo, anzi ne parlo tutt'ora con gioia e orgoglio.
Piccolissima parentesi invece per Shiv, il personaggio che forse sono riuscito a caratterizzare meglio, che più si è evoluto e mi ha dato più soddisfazioni. Anche lui mi ha permesso di conoscere gente che tutt'ora mi capita di sentire e con la quale mi confronto con piacere. A Shiv inoltre è collegato inevitabilmente un brano scoperto attraverso una giocatrice con cui ho avuto a che fare per poco tempo, ma che ha tirato fuori il mio lato più descrittivo ed emotivo, per quanto riguarda la descrizione di un personaggio e le sue vicende.



giovedì 9 febbraio 2012

Lemony Snicket sei un dilettante

Poco più di una settimana fa torno a casa, approfittando dell'assenza dei miei genitori diretti in Sicilia per una qualche manifestazione folcloristica invernale, facendo quindi ritorno nelle mie terre d'origine per passare qualche giorno in dolce compagnia di Dino (chiedo scusa a Mia Samsa se usufruisco del nome da lei utilizzato). Si prospetta una settimana di puro piacere, relax e spensieratezza (e tanto tanto...affetto); unico problema è la necessità di studiare per qualche esame imminente.
Ebbene, questa settimana da sogno non si rivela altro che una settima d'incubo, con problemi su problemi, disastri su disastri. In effetti avrei dovuto capirlo fin da subito che qualcosa non sarebbe andato per il verso giusto, visto che durante il viaggio di andata io e Dino rimaniamo bloccati a Bologna per circa 4 ore a causa della neve. Tuttavia arrivato finalmente a casa, mi preparo (da illuso) a passare quella settimana che mi sono immaginato. Così ovviamente non è stato, difatti già il giorno dopo, andato a fare la spesa per una cena tra amici vuoi che non mi trovo in mezzo a un tamponamento? Certo, se no la vacanza non sarebbe stata divertente. Da lì tutti i problemi del caso, organizzare il risarcimento, chiamare i miei che capire cosa fare e cosa non fare, mia madre che mi urla dietro e una cena da dover organizzare in meno di un'ora (contando che la maggior parte del tempo l'ho spesa fuori casa per colpa di quel maledetto tamponamento). La cena va bene, se non contiamo il fatto che sia io che Dino abbiamo vomitato come dei ragazzini alle prese con la loro prima sbronza. Il giorno dopo, ancora vittima dei postumi da sbronza mi capita un ulteriore problema, la casa diviene improvvisamente fredda non si sa bene per quale motivo. Chiamando i miei genitori si viene a scoprire che forse è finito il gas nel bombolone e che quindi sono cazzi miei fino a Lunedì, visto che il Venerdì pomeriggio (ovvero quando mi sono accorto che il gas era finito) non ti vengono a ricaricare il bombolone nemmeno se ti spacci per il nipote di Putin.  Ma non finisce qui, difatti, non volendo restare in una casa fredda io e Dino decidiamo di andare a dormire, almeno fino a Lunedì, nell'agriturismo di una mia amica, avvertendola per tempo, così da farci trovare l'appartamento caldo. Arrivati lì scopriamo che innanzitutto l'appartamento è freddo ma soprattutto non c'è acqua (quindi addio al sogno di farmi una doccia bollente). Si viene a scoprire quindi, indagando in giro per il suo agriturismo che gli appartamenti non si sono riscaldati perchè a causa del gelo le sono esplose le caldaie.
Si ritorna dunque a casa, sopravvivendo con mezzi di fortuna (forno a microonde e stufette elettriche) alla morsa del gelo che opprime la casa (arrivata a toccare i 10°C). Il lunedì Dino riparte, e io resto da solo, in una casa fredda (nonostante mi abbiano rifornito di gas) e un frigo pieno di cibarie lasciate da mia madre, sulle quali ovviamente mi fiondo per sopperire alla mancanza di affetto (non di affettato, visto che di quello ne ho a iosa). Tuttavia la settimana non si è conclusa e proprio stamattina l'ennesima scoperta, dovendo andare a far la spesa, avendo finito acqua e pane (tranquilli, mangio anche altro, quando ho voglia di cucinare), mi dirigo trotterellante verso la macchina, con le chiavi in una mano e la lista della spesa nell'altra. Non appena tento di accendere il motore la triste scoperta...la batteria si è completamente scaricata e mi trovo a dover affrontare una situazione in cui personalmente non ho la più pallida idea di come agire. Ora sto attendendo i soccorsi da parte di un amico e nel frattempo rifletto sul fatto che la vacanza non è ancora finita e non mi stupirei se a studio aperto aprissero la puntata con l'annuncio di una pioggia di meteoriti.